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Nel crollo dell’industria si salva la farmaceutica. Il settore farmaceutico in controtendenza

I numeri dell’Istat

L’Istat indica il dimezzamento del fatturato e degli ordinativi dell’industria tra il mese di aprile di quest’anno e quello del 2019. Si salva il settore farmaceutico che cresce. Una ricerca del Centro studi Srm dimostra i segnali di controtendenza determinanti per dare prospettiva al Meridione

 Segnali di pericolo sul fronte dell’industria.

Ad aprile fatturato e ordinativi dell’industria italiana praticamente dimezzati rispetto allo stesso mese del 2019 (rispettivamente -46,9% e -49%) , con un ulteriore calo congiunturale che per il fatturato è del 29,4 % e per gli ordinativi del 32,2%. Lo comunica l’Istat, che parla dei peggiori risultati per entrambe le serie storiche – che partono dal 2000 – segnalando come nella media degli ultimi tre mesi la riduzione è del 23,9% e del 27,7%, rispettivamente.

Il dato positivo segnalato dall’Istat per quanto riguarda il settore farmaceutico viene anche confermato da uno studio del centro studi Srm collegato al gruppo Intesa San Paolo.

L’impatto della pandemia sul primo trimestre dell’anno evidenzia un settore farmaceutico in totale controtendenza rispetto all’insieme dell’economia: l’export è aumentato di oltre il 24% su base annua per l’Italia e del 14,9% per il Mezzogiorno, a fronte di un dato per il totale economia che a livello nazionale cala dell’1,9% e a livello meridionale cresce dell’1,1%.

Il settore farmaceutico è un settore tipicamente anticiclico che non è stato ovviamente coinvolto in forme di blocco dell’attività produttiva essendo, al contrario, annoverato tra quelli prioritari per fronteggiare la difficile situazione. La ricerca mette quindi in evidenza come il settore abbia risentito meno di altri della recessione in atto e come potrà rappresentare uno dei settori trainanti del recupero dell’Italia dopo la pandemia. Anche gli ultimi dati Movimprese mostrano la tenuta del settore farmaceutico. Se si considerano le imprese attive al primo trimestre 2020, si registra un +0,4% per l’Italia e un +0,8% per le regioni del Sud (-0,6% in Italia e -0,7% nel Mezzogiorno la media manifatturiera). Dai dati totali (riferiti al complesso economia) emerge come nei primi3 mesi del 2020 si contino quasi 30mila imprese in meno a livello nazionale, contro un calo di 21mila nello stesso trimestre del 2019. Sempre a livello complessivo, il bilancio della nati-mortalità delle imprese tra gennaio e marzo di quest’anno risente delle restrizioni seguite all’emergenza Covid-19 e rappresenta il saldo peggiore degli ultimi 7 anni, rispetto allo stesso arco temporale.

 “Durante la pandemia Covid-19 – evidenzia il direttore generale Srm, Massimo Deandreis – il settore farmaceutico è stato in prima linea dimostrando la sua rilevanza per il Paese e registrando dati in totale controtendenza rispetto all’andamento negativo dell’economia nel suo insieme. Confortano i dati del primo trimestre del 2020 e le stime di impatto complessivo sul 2020 che vedono anche scenari di crescita. Il farmaceutico si conferma inoltre emblematico per l’interazione tra industria, ricerca, università e innovazione. Una combinazione vincente che deve diventare il perno anche di altri settori industriali.

Il Mezzogiorno sta dando un contributo molto rilevante, spesso non conosciuto, con eccellenze nel settore della ricerca e della capacità produttiva italiana come cerchiamo di mettere in evidenza in questa ricerca”. “Le imprese del farmaco – afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria – sono un asse portante dell’industria in tutt’Italia e anche al Sud. In molte regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia ad esempio) sono tante e tutte insieme (a capitale nazionale o estero, grandi, medie o piccole) rappresentano una realtà importante dal punto di vista economico, occupazionale e sociale. Grazie alla qualità delle risorse umane, all’efficienza dell’indotto e alle sinergie con centri clinici, università, centri di ricerca e start-up, in un modello di open innovation che può dare molto al territorio. I dati dello studio confermano inoltre che, nonostante le difficoltà dell’emergenza Covid-19, il settore farmaceutico può essere in grado di fare da volano per il rilancio di tutto il Sud”.   La filiera farmaceutica del Sud è protagonista nel contesto nazionale: vanta 124 unità locali (il 16,6% del totale Italia) e 5.520 addetti (il 9% del dato nazionale). Il valore aggiunto farmaceutico meridionale è di oltre 650 milioni di euro (il 7% del dato nazionale) e si registra un export pari a oltre a3,1 miliardi di euro (circa il 10% del dato nazionale), con una crescita media negli ultimi 10 anni del 5,2%. Si registra, inoltre, un saldo commerciale positivo per 1.381 milioni di euro. Anche questa immagine di prospettiva è stata messa in risalto dallo studio di Srm. Importante è l’impatto moltiplicativo del settore: si calcola che, per effetto dei legami interregionali e di filiera, nel Mezzogiorno 100 euro di produzione farmaceutica attivano 42 euro aggiuntivi nell’area e 529 euro nelle altre regioni e negli altri settori, per un impatto complessivo di 671 euro (mentre il dato complessivo medio per il manifatturiero è di 493 euro).

L’analisi degli scenari per l’anno in corso evidenziano la resilienza della filiera alla crisi Covid e il grande contributo alla tenuta complessiva della gestione sanitaria sul territorio. L’analisi condotta sulla base di due diversi scenari di riferimento, uno meno pessimistico e uno più pessimistico , ha portato quindi a questo risultato prospettico: la filiera farmaceutica meridionale potrebbe far registrare nel 2020 una variazione di fatturato compresa tra il -0,4% (secondo scenario) e il +0,8% (primo scenario), mentre a livello nazionale la variazione sarebbe tra -0,2% e +0,6%; in termini di valore aggiunto, invece, si calcola una variazione compresa tra -0,3% (secondo scenario) e +1,3% (primo scenario), mentre a livello nazionale il “range” di riferimento sarebbe compreso tra -0,1% e +1,4%.Va citato poi il ruolo molto importante contro Covid-19 degli studi clinici, alcuni dei quali condotti proprio grazie all’eccellenza della ricerca svolta nelle regioni del Sud (ad esempio in Campania). Infine, vi è un sostegno all’economia nazionale da parte delle imprese con donazioni in farmaci, o finanziarie, pari complessivamente a più di 40 milioni (il dato non include i farmaci donati alle strutture per uso compassionevole e forniti per gli studi clinici). Secondo l’analisi, il Sud ha tutte le carte in regola per partecipare attivamente alla crescita futura della filiera e, quindi, alla ripresa dell’economia del Paese – potendo contare su grandi capacità in termini di competenze e “skills” produttivi e di ricerca – e può risultare di particolare interesse per il rilancio di taluni processi produttivi, per far crescere la ricerca clinica e per attrarre investimenti di qualità e di prospettiva sul territorio. Grazie alle sue potenzialità, potrebbe quindi essere al centro di nuovi percorsi di crescita indirizzati a configurare nuove prospettive per la filiera a livello Paese.