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Le illusioni ottiche della deregulation emergenziale

a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi

L’attuale codice dei contratti pubblici non funziona.

Il difetto di fondo sta nell’anac-izzazione delle direttive comunitarie, che ha creato un “mostro” ingestibile e una situazione di paralisi decisionale.

Da qui il ritorno nell’attuale fase emergenziale agli appelli alla deregulation, da taluni accompagnata anche da quello di sopprimere la giustizia amministrativa, appelli tanto insensati quanto fortunatamente irrealizzabili in considerazione dell’attuale assetto comunitario e costituzionale.

In relazione all’emergenza la Commissione Europea ha pubblicato il 1 aprile 2020 gli “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”, che forniscono una panoramica delle possibilità a disposizione degli acquirenti pubblici, ossia le amministrazioni aggiudicatrici, per acquistare rapidamente forniture e servizi di prima necessità, come pure, se necessario, infrastrutture supplementari.

La Commissione prevede che gli acquirenti pubblici possono prendere in considerazione, in questo contesto, varie opzioni.

In primo luogo, in caso di urgenza, possono avvalersi della possibilità di ridurre considerevolmente i termini per accelerare le procedure aperte o ristrette.

Se tali margini di manovra non fossero sufficienti, possono ricorrere a una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando.

Infine, potrebbe anche essere consentita l’aggiudicazione diretta a un operatore economico preselezionato, purché quest’ultimo sia l’unico in grado di consegnare le forniture necessarie nel rispetto dei vincoli tecnici e temporali imposti dall’estrema urgenza.

Precisa la Commissione che le esigenze specifiche degli ospedali e di altre istituzioni sanitarie in relazione alla fornitura di cure, dispositivi di protezione individuale, ventilatori polmonari, posti letto supplementari e infrastrutture ospedaliere e di terapia intensiva aggiuntive, comprese tutte le attrezzature tecniche, non potevano certamente essere previste e pianificate in anticipo e dunque costituiscono un evento imprevedibile per le amministrazioni aggiudicatrici.

Occorre però una valutazione caso per caso al fine di stabilire se ciò renda impossibile rispettare persino i brevissimi termini previsti dalla procedura accelerata aperta o ristretta, pur essendo probabile che tale eventualità si verifichi nella maggior parte dei casi, almeno in relazione all’incremento significativo delle esigenze a breve termine man mano che sale la curva dell’infezione.

Le misure eccezionali possono essere utilizzate unicamente per colmare la lacuna fino a quando non sarà possibile trovare situazioni più stabili, quali contratti quadro di forniture e servizi aggiudicati tramite procedure regolari (comprese quelle accelerate).

La Commissione precisa anche che gli acquirenti pubblici dovrebbero prendere in considerazione la ricerca di soluzioni alternative e di interagire con il mercato, anche avvalendosi di strumenti digitali innovativi per suscitare un ampio interesse fra gli operatori economici in grado di proporre soluzioni alternative.

Nessun dubbio, dunque, che nella situazione emergenziale si possa procedere anche con affidamenti diretti e/o comunque con procedure snelle, ad esempio, per l’acquisto di mascherine e altri prodotti necessari a garantire nell’immediato la salute e la vita dei pazienti.

Inoltre, è certamente opportuno che si utilizzino gli strumenti già previsti dall’ordinamento italiano e comunitario per instaurare dialoghi e parteniariati pubblico – privati per sviluppare soluzioni alternative e innovative.

Le indicazioni della Commissione sono chiarissime e condivisibili: via libera a procedure snelle e urgenti nei limiti strettamente necessari.

In reazione agli affidamenti emergenziali le cronache riportano che affidamenti di dispositivi medici sono stati effettuati a operatori economici privi di qualsiasi referenza o qualifica.

La “app” che dovrebbe condizionare nel prossimo futuro la vita dei cittadini e rappresentare un asset essenziale per l’adozione di misure di contenimento è stata scelta con ordinanza del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19, all’esito di una fast call, senza alcuna motivazione in merito alle ragioni della scelta. Eppure si tratta di una “app” il cui utilizzo pone serissimi problemi di compatibilità con i diritti di libertà costituzionalmente garantiti e con la privacy dei cittadini, e sulla cui necessità si parla in effetti dal primo giorno della pandemia.

In disparte il ruolo e i poteri del Commissario, davvero non c’era la possibilità di attuare una procedura diversa e trasparente?

Con decreto presidenziale del 22 aprile 2020, n. 586 il TAR Lombardia-Milano ha messo in discussione l’accordo di collaborazione tra un IRCCS e un operatore economico per la valutazione di test sierologici e molecolari per la diagnosi di infezione da SARS-Cov-2, ritenendo che un simile accordo doveva essere concluso nel rispetto dei principi interni ed eurounitari in materia di contratti pubblici.

Solo alcuni esempi.

Ora, i fornitori senza referenza (o con referenze “riservate”) dimostreranno alla fine di avere tutte le carte in regola per fornire dispositivi medici. Emergerà che “piegare i cucchiai” non è una mera illusione ottica causata da una rapida oscillazione della posata. L’esito delle controversie dimostrerà, alla fine, la legittimità di strumenti ed accordi.

Si vuole però dire che, anche nell’emergenza, le regole e le garanzie di fondo del sistema degli affidamenti devono essere rispettate e che la loro compressione, semmai sia stata giustificata, non lo è più.

Altrimenti i rischi sono evidenti e attestano che il rimedio all’attuale over-ruling non può essere in alcun modo la full deregulation.

In prospettiva sistemare le cose si può fare in tempi rapidi, iniziando dall’eliminare l’anac-izzazione del Codice e applicando la regola del divieto di gold-plating. Gli strumenti di collaborazione tra pubblico e privato già ci sono; basta utilizzarli e rivitalizzarli. Già si potrebbe e dovrebbe abbandonare la logica del puro costo per passare a quella del costo-efficacia, ovvero dell’impatto economico-sociale, con riqualificazione della spesa pubblica e maggiore efficacia della stessa. Se a ciò si affiancasse anche un sistema di garanzie e premialità per i dipendenti pubblici meritevoli si sarebbe già a un ottimo punto.

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