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Corte UE: Italia rispetti i tempi di pagamenti della pubblica amministrazione

A cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

La Corte Ue richiama l’Italia sull’applicazione delle direttive per l’espletamento dei debiti della Pubblica Amministrazione.

“L’Italia avrebbe dovuto assicurare il rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni, nelle transazioni commerciali con le imprese private, di termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni”, stabilisce la Corte di Giustizia Ue nella sentenza che vede la Commissione Ue contro l’Italia per i ritardi dei pagamenti nella P.a.

La Commissione aveva aperto una procedura d’infrazione deferendola alla Corte che “ha constatato una violazione della direttiva”.

 L’Italia ha violato la direttiva Ue contro i ritardi nel saldo nelle transazioni commerciali, poiché non ha fatto in modo che le sue pubbliche amministrazioni rispettino termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario. Lo stabilisce la Corte di Giustizia dell’Ue, con una sentenza che dà ragione alla Commissione Europea e torto all’Italia.

La causa nasce dalle denunce arrivate alla Commissione da operatori economici italiani, per i tempi lunghissimi con cui “sistematicamente” le pubbliche amministrazioni saldano le fatture; l’esecutivo Ue ha pertanto promosso un ricorso per inadempimento contro l’Italia dinanzi alla Corte di Lussemburgo.

In sua difesa, l’Italia ha sostenuto davanti alla Corte che la direttiva impone solo di prevedere i tempi previsti per i pagamenti (entro 30 o 60 giorni – per la sanità – di calendario) e, in caso di sforamento, il diritto dei creditori agli interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero. Secondo lo Stato italiano, la direttiva non imporrebbe invece “l’effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza”, dei termini di cui sopra.

I giudici hanno respinto l’argomentazione dell’Italia, sancendo che la direttiva “impone” agli Stati membri il rispetto “effettivo”, da parte delle pubbliche amministrazioni, dei termini previsti. I giudici sottolineano che il fatto che la situazione dei ritardi nei pagamenti “sia migliorata negli ultimi anni” non impedisce che si riconosca che l’Italia è venuta meno agli “obblighi” che aveva ai sensi del diritto Ue.

L’esistenza di un inadempimento, spiegano i giudici della Corte, deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ossia, in questo caso, il 16 aprile 2017.

Attacchi al governo  (fonte: Corriere della sera)

La decisione dei giudici alimenta gli attacchi dell’opposizione nei confronti del governo, con dichiarazioni di Berlusconi e di Salvini in difesa delle aziende che rischiano di fallire o sono fallite per colpa dei pagamenti in ritardo. Un registro analogo a quello del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. «Un elemento dirimente perché riguarda non solo le tensioni finanziarie all’interno delle imprese, ma anche una grande priorità del Paese», dice il numero uno di Viale dell’Astronomia. A intervenire è anche l’Ance, l’associazione dei costruttori, denunciando ritardi di 4 mesi nel settore dell’edilizia. Confartigianato punta il dito contro il record negativo dell’Italia, per il primato raggiunto dai debiti commerciali della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese: il 3% del Pil, ossia il doppio rispetto all’1,6% della media Ue.

Da parte del governo vale quanto segnalato dal ministero dell’Economia che per il 2018 indica in 54 giorni il tempo medio ponderato necessario a saldare circa 22,1 milioni di fatture delle amministrazioni pubbliche. Il ritardo medio accumulato rispetto alla scadenze è stato lo scorno anno di 7 giorni. Il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, rimarca inoltre che l’entità dei ritardi è stata fortemente ridotta a partire dal 2015.