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Centrali di committenza: la concorrenza come faro per la strutturazione dei lotti di gara

a cura dell’avvocato Stefano Cassamagnaghi.

Con tre separate sentenze (nn. 1350/2019,1486/2019,1491/2019), la III Sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima la procedura di gara indetta da Azienda Zero – centrale di committenza per la Regione Veneto – finalizzata all’affidamento del servizio di ristorazione per le Aziende Sanitarie del Veneto, edita con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 28 dicembre 2016.

La procedura, diretta all’affidamento del servizio per la durata di cinque anni, rinnovabile per ulteriori due, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, era suddivisa in sei lotti territoriali, che sono risultati aggiudicati ad un unico concorrente, ad esclusione di un lotto, in cui la predetta Società figurava comunque come mandante del RTI aggiudicatario.

Oggetto di impugnazione sono stati solo alcuni – in specie tre – lotti di gara, per i quali il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento, in riforma delle sentenze di primo grado, dei rispettivi provvedimenti di aggiudicazione e atti di gara.

Le sentenze hanno rilevato negli atti di gara alcune violazioni di carattere cd. “sostanziale” delle norme del Codice dei contratti pubblici poste a tutela della concorrenza, prima tra tutte quella di cui all’art. 51, comma 3, del D. Lgs. 50/2016 (“Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la possibilità di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare. Nei medesimi documenti di gara indicano, altresì, le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che intendono applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati, qualora l’applicazione dei criteri di aggiudicazione comporti l’aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo”).

La norma stabilisce dunque la possibilità per le Amministrazioni di prevedere nella lex specialis il cd. “vincolo di aggiudicazione”, clausola mediante cui si prevede un numero massimo di lotti aggiudicabili ad un unico concorrente.

Secondo il Consiglio di Stato la possibilità consentita dalla norma implica l’esercizio di una scelta discrezionale che deve essere improntata al principio di tutela della concorrenza, specie relativamente alle procedure indette dalle Centrali di committenza e dai soggetti aggregatori di grandi dimensioni.

Orbene, nella gara edita dalla Regione Veneto, non era previsto alcun vincolo di aggiudicazione né, tantomeno, requisiti cd. “maggiorati” per le imprese che intendevano presentare un’offerta per più lotti. Da ciò il risultato finale della gara, nella quale lo stesso operatore economico si era visto aggiudicatario della totalità dei lotti.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto poi violato il comma 1 della medesima disposizione, che impone la divisione in lotti al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, in quanto la Regione Veneto ha scelto, in carenza di motivazione, di suddividere l’appalto in soli sei cd. “macrolotti”, caratterizzati da una notevole estensione territoriale – con relativo accorpamento di più Aziende Sanitarie e presidi ospedalieri differenti –  e caratterizzati ciascuno da un ingente valore economico.

In particolare, l’art. 51, comma 1, prevede l’espresso divieto, rivolto alle stazioni appaltanti “di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”. Detta disposizione, congiuntamente alle restanti previsioni del Codice in materia di suddivisione in lotti, dovrebbe essere interpretata alla luce del Considerando 79 della Direttiva 2014/24/UE secondo cui le Amministrazioni dovrebbero limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offrente “…allo scopo di salvaguardare la concorrenza”.

Ed è proprio una lesione dei principi di tutela della concorrenza e del favor partecipationis che i Giudici intravedono nelle scelte compiute dalla Pubblica Amministrazione committente stante l’assenza negli atti di gara dell’indicazione di ragioni sottese alla suddivisione dell’appalto in soli sei macrolotti, tutti di importo rilevante e di durata notevolmente prolungata, e soprattutto in assenza di alcuna disposizione limitativa della possibilità di conseguire la totalità degli stessi da parte di un unico operatore economico.

Dello stesso parere risulta essere l’Autorità Nazionale Anticorruzione che, con Delibera n. 427 del 15 maggio 2019, ha ritenuto viziato l’impianto di gara sotto il profilo delle scelte discrezionali compiute dalla Regione Veneto, in violazione delle regole della corretta e leale concorrenza nel mercato.

Nel merito della questione, l’ANAC, sulla scorta di quanto già affermato dal Consiglio di Stato, ha ritenuto illegittime le prescrizioni del capitolato speciale d’appalto nella parte in cui prevedevano l’obbligo del concorrente di avvalersi, per la produzione e il confezionamento dei pasti, esclusivamente di centri cottura esterni alle strutture delle Aziende Sanitarie.

Difatti, il gruppo tecnico nominato dalla Giunta Regionale per la pianificazione della gara centralizzata aveva specificatamente indicato la dotazione da parte di moltissime Aziende Sanitarie di cucine interne, risultando di contro assente una reale analisi delle eventuali disfunzionalità delle cucine ospedaliere, ovvero sull’obsolescenza delle attrezzature a ciò preposte che potesse legittimare il loto abbandono a favore di centri di cottura esterni.

Considerato che, di fatto, l’unica società proprietaria di un centro di cottura esterno conforme ai criteri indicati nella legge di gara fosse la società aggiudicataria della totalità dei lotti di gara, la III Sezione del Consiglio di Stato ha dunque rinvenuto, nel criterio imposto dal capitolato d’appalto, una scelta discrezionale viziata sotto il profilo funzionale, in quanto manifestamente diretta ad attuare un notevole ed ingiustificato vantaggio nei confronti di un unico concorrente, in violazione del principio di par condicio competitorum.

Azienda Zero, a fronte delle sentenze, ha riedito la procedura di gara per i bacini territoriali coinvolti, dividendoli in sei nuovi lotti territoriali, pur continuando a non prevedere un vincolo di aggiudicazione. Non resta che vedere se ciò sarà considerato sufficiente, laddove vi sia una nuova impugnazione degli atti di gara.

La vicenda sottende il tema, mai compiutamente risolto, del difficile punto di equilibrio tra la centralizzazione degli acquisiti e la tutela della concorrenza, principio quest’ultimo che dovrebbe costituire il faro di ogni decisione adottata dai soggetti aggregatori specie nella creazione dei lotti di gara, come ormai chiarito dal filone giurisprudenziale inaugurato dalle note sentenze del TAR Lazio sulle gare Consip, e ciò anche al fine di evitare la creazione di condizioni favorevoli ad intese restrittive della concorrenza.

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