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Chiusa la lunga vicenda dei farmaci Avastin-Lucentis

A cura del dott. Marco Boni, direttore responsabile di News4market

Il Consiglio di stato ha chiuso la lunga vicenda dei farmaci Avastin-Lucentis. Con due sentenze ha sancito l’interesse pubblico al risparmio di spesa se esistono valide alternative terapeutiche a cure molto costose.

La lunga storia del caso Avastin Lucentis

Con due sentenze pubblicate a metà luglio (n. 4967 e n. 4990), il Consiglio di stato ha posto fine a una lunga vicenda iniziata nel 2009 con una delibera della regione Emilia-Romagna che per la cura della maculopatia retinica – una malattia diffusa tra gli anziani che porta progressivamente alla cecità – consentiva l’impiego del farmaco Avastin (della Roche) in alternativa al più costoso Lucentis (della Novartis).

Il trattamento con Lucentis costava originariamente 70 volte quello con Avastin. Entrambi i farmaci erano riconosciuti dal mondo scientifico internazionale come equivalenti nella cura della maculopatia retinica, ma l’azienda farmaceutica Roche (produttrice del farmaco meno costoso) non si era mai curata di richiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio per la specifica patologia, mentre Novartis (produttrice del farmaco più costoso) lo aveva fatto. E così le strutture pubbliche (salvo rare eccezioni) si sentivano obbligate a utilizzare esclusivamente il farmaco più costoso, con pesanti conseguenze per le finanze sanitarie.

Dopo dieci anni, le sentenze del Consiglio di stato confermano la posizione dell’Emilia-Romagna e aprono scenari destinati a superare logiche esclusivamente commerciali su un bene, quale è il farmaco, che è sì un prodotto dell’industria, ma è anche un bene essenziale per la collettività.

Nel 2009, al fine di garantire, “a parità di efficacia e sicurezza, una significativa riduzione della spesa farmaceutica pubblica”, la Regione Emilia Romagna autorizza i medici delle proprie strutture a prescrivere, ove lo ritenessero appropriato, il farmaco meno costoso. Novartis insorge immediatamente, impugna la delibera e chiede alla regione ingenti danni.

Il giudizio è deferito due volte alla Corte costituzionale: una prima volta su richiesta di Novartis (la Corte con sentenza n. 8/2011 dichiara che la competenza è dello stato e non del legislatore regionale), una seconda volta su richiesta della regione Emilia Romagna e la Corte (sentenza n. 151/2014) dichiara che un farmaco, per essere considerato una “valida” alternativa terapeutica deve esserlo “sotto il profilo sia medico-scientifico, sia economico” perché se costa talmente tanto da non poter essere dispensato a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, finisce per “ledere la tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito”.

Nel 2013 l’Antitrust apre un’istruttoria che termina nel febbraio 2014 con una sanzione a Roche e Novartis per complessivi 180 milioni per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza: secondo l’AGCM i due gruppi si erano accordati illecitamente per ostacolare l’uso del farmaco più economico, presentandolo artificiosamente come più pericoloso.

Nel marzo 2014 il governo è costretto a intervenire con un decreto legge (dl 36/2014 convertito nella legge 79/2014) volto a favorire, qualora “l’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale non comprenda un’indicazione terapeutica per la quale si ravvisi un motivato interesse pubblico”, l’impiego del farmaco meno oneroso attraverso il ricorso all’uso off-label (utilizzo di un farmaco al di fuori delle indicazioni – la cosiddetta Lista 648).

Le due case farmaceutiche impugnano l’inserimento nella Lista 648. Il giudizio finisce alla Corte di giustizia europea che, con l’importante sentenza del 21 novembre 2018, afferma che la normativa comunitaria non pregiudica la competenza degli stati membri a disciplinare il consumo di farmaci salvaguardando l’equilibrio finanziario dei loro sistemi sanitari e che il Codice comunitario delinea l’uso on-label di un farmaco, ma non il suo utilizzo off-label.

Novartis e Roche impugnano pure il provvedimento dell’Antitrust. Anche questo contenzioso finisce alla Corte di giustizia europea, la quale nel 2018 dà ragione all’Antitrust: il “mercato rilevante” di un farmaco è quello che registra le scelte effettuate dagli operatori sanitari nell’interesse dei pazienti, non quello, più limitato, determinato dalla richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio da parte delle case farmaceutiche nel – pienamente legittimo – perseguimento del proprio interesse. La sentenza sancisce inoltre la possibilità di avere concorrenza tra prodotti on-label e off-label, un principio molto importante per le gare e le scelte di rimborsabilità del Ssn.