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Esclusione dalla gara per penali contrattuali, la pronuncia del Consiglio di Stato

La mancata dichiarazione della irrogazione di penali contrattuali non integra di per sé la violazione dei doveri professionali e non costituisce prova di grave negligenza, così definita dal legislatore dapprima con l’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, e rinnovato dall’art. 80 comma 5 lett. c) e c-ter), poiché l’applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell’esercizio dell’attività professionale o comunque “grave negligenza”. È quanto stabilisce il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 2794 del 30 aprile 2019.

L’art. 80 stabilisce al comma 5, lett. c), che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico, qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” ed alla lett. c-ter) qualora “l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.

Tali previsioni sono in realtà sostanzialmente sovrapponibili a quelle dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. 163 del 2006, il quale prevedeva la non ammissione alle procedure di affidamento delle concessione e degli appalti di lavori, forniture e servizi ovvero inibiva l’affidamento di subappalti o ancora la stipulazione dei relativi contratti per coloro che “secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo da parte della stazione appaltante”.

La giurisprudenza, formatasi su tale ultima disposizione e che può trovare tuttora seguito anche con riguardo alle lett. c) e c-ter) dell’art. 80 del vigente codice dei contratti pubblici, ha sottolineato in primo luogo che il concorrente è tenuto ad una dichiarazione veritiera e completa, la quale sola può permettere di esprimere un giudizio sull’affidabilità professionale di una partecipante, giudizio che non può che essere di ampia portata discrezionale e quindi sindacabile dal giudice amministrativo nei soli limiti della evidente illogicità o irrazionalità o del determinante errore fattuale; è stato aggiunto che l’omissione di tale dichiarazione non consente infatti all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione resa in sede di gara la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all’art. 46 d. lgs. n. 163 del 2006 (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527).

Documenti correlati: Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2019, n. 2794