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Il rito super-accelerato tra giurisprudenza e decreto “sblocca cantieri”


a cura dell’avvocato Uliana Garoli.

La Corte di Giustizia europea si è recentemente pronunciata in merito alla compatibilità dell’articolo 120 comma 2 bis del codice del processo amministrativo, che prevede il cosiddetto rito super accelerato, e le Direttive europee sugli appalti.

La previsione di questo rito per l’impugnativa dei provvedimenti di esclusione o di ammissione ad una gara, risponde alla necessità di consentire la definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione.

La questione è stata sollevata dal Tar Piemontese (con ordinanza n. 88/2018 del 17.1.2018) specificando che il rito super accelerato impone al ricorrente l’onere, peraltro molto costoso, di impugnare spesso “al buio” il provvedimento di ammissione o di esclusione dalla procedura, senza poter avere la piena consapevolezza dell’interesse all’azione.

Lo speciale rito è previsto dall’art. 120 comma 2 bis del c.p.a. come modificato dall’art. 204 d.lgs. 50/2016. Il chiaro intento del legislatore è stato quello di definire velocemente la platea dei soggetti ammessi alla gara, prima dell’esame delle offerte, creando un modello di contenzioso a duplice sequenza.

Il modello non è privo di criticità. Infatti, nel caso in cui nessuna ditta partecipante faccia valere tempestivamente la mancata esclusione di un concorrente, che risulti poi aggiudicatario, sarà preclusa la possibilità di far valere eventuali vizi relativi alla illegittima ammissione dell’aggiudicataria, con la conseguenza che potrebbe ottenere l’aggiudicazione una ditta priva dei requisiti di partecipazione, ove la stazione appaltante sia incorsa in errore nella valutazione degli stessi.

Altra criticità, non secondaria, attiene al principio di efficacia che presuppone che l’azione del ricorrente sia volta a soddisfare un interesse attuale e concreto. Si è detto in premessa come spesso il ricorrente sia costretto ad agire “al buio”. Infatti, visti i tempi stretti per proporre il ricorso e il contesto nel quale si deve agire, non si può pensare che sia rispettato il principio di effettività sostanziale, quando la possibilità di contestare le decisioni delle stazioni appaltanti sia affidata a soggetti che non hanno alcuna garanzia di poter ricavare vantaggi materiali dal favorevole esito della controversia, correndo addirittura il rischio di favorire ditte concorrenti.

Nonostante le diverse criticità emerse, la Corte europea, con l’ordinanza del 14 febbraio 2019, pronunciandosi sulla procedura, ha rilevato che la realizzazione degli obiettivi della Direttiva 89/665 (cd. direttiva ricorsi) “sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito di far valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando l’amministrazione a ricominciare l’intero procedimento”.

Dunque la Corte di Giustizia Ue ha affermato che il diritto comunitario non osta a una normativa nazionale, come quella prevista dall’art. 120 comma 2-bis del codice del processo amministrativo, laddove prevede che i ricorsi contro i provvedimenti di ammissione/esclusione dalla procedura di gara debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, decretando così la legittimità del rito super-accelerato.

Proprio quando il tema relativo ai dubbi di applicazione del rito super-accelerato sembravano diradati dall’intervento della Corte europea, si è riaperto il dibattito con il decreto “sblocca cantieri”.

Ora, in un primo momento lo schema del decreto sembrava apportare modifiche all’art. 204 del codice appalti atte a voler estendere il rito, oltre che al provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni dei concorrenti, anche all’impugnazione dei criteri di aggiudicazione dell’appalto ovvero ai provvedimenti di approvazione del bando di gara.
Nei commenti allo schema di decreto, l’estensione della norma è stata considerata importante perché il termine di 30 giorni, valevole oggi solo per le impugnazioni della esclusione dei soggetti di gara per mancanza di requisiti, dovrebbe essere allargata perché spesso gli appalti si bloccano per impugnazione delle clausole essenziali del bando, ad esempio il criterio del prezzo più basso, anche dopo l’aggiudicazione. Da qui l’importanza di porre un limite temporale ai ricorsi.

Tuttavia, esaminando l’ultimo e più recente schema di decreto dello scorso 20 marzo, compare a sorpresa la volontà di abrogare l’art. 204 del codice degli appalti, allontanando completamente il rito super accelerato dalle gare. Vedremo quale sarà la scelta definitiva del decreto “sblocca cantieri”.

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