Indirizzo

Corso Matteotti 15,
Cremona, CR 26100

La Camera approva la legge sul Whistleblowing

Dalla Camera è arrivato l’ok definitivo alla legge sul cosiddetto Whistleblowing, che tutela gli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. In particolare, si evidenziano la conferma delle norme già vigenti nell’ambito del settore pubblico, con un ampliamento delle tutele previste al settore privato e specifici oneri a carico delle società rispetto a quanto previsto dai modelli organizzativi dal D. Lgs. 231/2001.

Sul sito della Camera dei Deputati vengono riportati i riferimenti agli obblighi internazionali, le novità a tutela dei dipendenti sia pubblici sia privati e il principio della violazione del segreto in funzione di una giusta causa. Nello specifico la proposta di legge, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico (art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001) o privato (art. 6 del D.Lgs. 231/2001) introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio (art. 326 c.p.), del segreto professionale (art. 622 c.p.), del segreto scientifico e industriale (art. 623 c.p.) nonché di violazione dell’obbligo di fedeltà all’imprenditore da parte del prestatore di lavoro (art. 2105 c.c.) il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell’interesse all’integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni.

La tutela del pubblico dipendente

La legge n. 190 del 2012 – cd. legge Severino – ha introdotto nell’ordinamento, sia pure in relazione alla sola pubblica amministrazione, una prima generale disciplina sulla protezione del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo ruolo di dipendente pubblico (art. 54-bis del D.Lgs 165 del 2001); il provvedimento all’esame dell’Assemblea sostituisce quella disciplina.

La riforma prevede, anzitutto, che colui il quale – nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione – segnali al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente (individuato, di norma, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio; negli enti locali, è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 7, della legge n. 190 del 2012) o all’Autorità nazionale anticorruzione ovvero denunci all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non possa essere – per motivi collegati alla segnalazione – soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro. In particolare:

  • sotto il profilo soggettivo, la disciplina dell’art. 54-bis riguarda – oltre che i dipendenti della pubblica amministrazione, nell’accezione allargata di cui all’art. 1, comma 2, del TU del pubblico impiego, ivi compreso il personale in regime di diritto pubblico – anche i dipendenti degli enti pubblici economici, quelli degli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico (secondo la nozione di società controllata di cui all’art. 2359 del codice civile), i lavoratori e i collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica;
  • sotto il profilo oggettivo, si specifica che l’ambito di applicazione riguarda le segnalazioni o denunce effettuate nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione;
  • viene sancito il divieto di rivelare l’identità del segnalante l’illecito, oltre che nel procedimento disciplinare, anche in quello penale e contabile. La scelta di fondo è, ad ogni modo, l’esclusione di segnalazioni in forma anonima. E’ confermato che la riservatezza della segnalazione importa la sua sottrazione all’accesso amministrativo quale disciplinato dalla legge n. 241 del 1990;
  • viene affidata all’ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, la predisposizione di linee guida per la presentazione e gestione delle segnalazioni che garantiscano la riservatezza del dipendente segnalante;
  • se durante l’istruttoria dell’ANAC sia accertata l’adozione di misure discriminatorie nei confronti del dipendente, l’Autorità anticorruzione irroga una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. All’adozione di procedure non conformi alle citate linee guida o all’assenza di procedure per la gestione delle segnalazioni consegue una sanzione da 10.000 a 50.000;
  • l’ANAC applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile, nel caso di mancato svolgimento di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. L’ANAC determina la misura della sanzione, tenuto conto delle dimensioni dell’amministrazione cui si riferisce la segnalazione;
  • spetta all’amministrazione o all’ente l’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione e gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall’amministrazione o dall’ente sono nulli;
  • si prevede il diritto del segnalante licenziato alla reintegra nel posto di lavoro;
  • è prevista una clausola di esclusione in base alla quale le tutele non sono garantite alle segnalazioni rispetto alle quali sia stata accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia del medesimo segnalante ovvero la sua responsabilità civile, nei casi di dolo o colpa grave.

La tutela del dipendente del settore privato

Il provvedimento approvato estende al settore privato, attraverso modifiche al decreto legislativo n. 231 del 2001 (Responsabilità amministrativa degli enti), la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti (o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell’ente) di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio.

In particolare, il provvedimento interviene sui modelli di organizzazione e di gestione dell’ente idonei a prevenire reati (art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001) richiedendo:

  • che i modelli di organizzazione dell’ente debbano prevedere l’attivazione di uno o più canali che consentano la trasmissione delle segnalazioni stesse a tutela dell’integrità dell’ente; tali canali debbono garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione. Il testo prevede che vi debba essere “almeno un canale” alternativo, idoneo a garantire la riservatezza con modalità informatiche;
  • che le segnalazioni circostanziate delle condotte illecite (o della violazione del modello di organizzazione e gestione dell’ente) – escluso anche qui il requisito della buona fede – debbano fondarsi su elementi di fatto che siano precisi e concordanti;
  • che i modelli di organizzazione debbano prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi violi le misure di tutela del segnalante.

La riforma introduce l’obbligo di sanzionare chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate.

dal sito ufficiale della Camera dei Deputati